AICOM NEWS N. 114 – SICUREZZA SUL LAVORO

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A CURA DEL VICEPRESIDENTE MARCO LARASPATA

Siamo nel 2018 eppure si continua a morire di lavoro. Sono infatti ancora molto, troppo numerosi i casi di morti sul lavoro. Agli infortuni mortali sul lavoro devono aggiungersi le migliaia di infortuni che provocano ai lavoratori danni non mortali ma, spesso, gravissimi e che peggiorano in maniera permanente la vita del lavoratore stesso. Agli infortuni vanno poi aggiunte le malattie professionali che vengono provocate dall’esposizione dei lavoratori a sostanze nocive che, con il passare del tempo, determinano l’insorgenza di patologie molto gravi che spesso conducono alla morte. Si sono succedute normative diverse che hanno cercato di aumentare la sicurezza sul lavoro, ma i risultati sono stati sempre inferiori alle aspettative. Occorre senza dubbio anche un cambiamento culturale su questo terreno.

L’obbligo di sicurezza del datore di lavoro

Uno degli obblighi principali che il datore di lavoro si assume quando firma un contratto di lavoro ed assume un dipendente è il cosiddetto obbligo di sicurezza. A porre l’obbligo di sicurezza in capo al datore di lavoro è direttamente la legge [1] che obbliga le aziende a porre in essere tutte le misure che, in base alle conoscenze a disposizione, possano tutelare in modo efficace la salute e la sicurezza sul lavoro del dipendente.

Sarà il datore di lavoro, quindi, a decidere quali misure mettere in campo per tutelare la salute dei dipendenti. Nel fare questa valutazione l’azienda dovrà, ovviamente, tenere conto della particolare natura delle attività che si svolgono in azienda.

Per fare un esempio, le misure di sicurezza necessarie in una azienda che produce acciaio non saranno le stesse necessarie in una azienda che fa consulenza. Inoltre, le misure di sicurezza non sono identiche per tutti i reparti e le aree aziendali, dipendendo le stesse dalla tipologia di attività che caratterizza il singolo reparto o area aziendale.

L’obbligo di sicurezza è dunque un concetto ampio e va declinato in modo diverso a seconda del singolo contesto aziendale.

La normativa specifica sulla sicurezza

Il generale obbligo di sicurezza che grava sul datore di lavoro è stato declinato da tutta una serie di normative specifiche che hanno chiarito quali sono i passaggi e gli adempimenti che, concretamente, le aziende devono fare per essere in regola con gli obblighi di sicurezza.

Tutte queste norme sono ora raccolte in un Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro [2].

I principali adempimenti da porre in essere in base al Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro sono i seguenti:

  • valutare tutti i rischi presenti nella propria azienda per la salute e sicurezza dei lavoratori. La valutazione del rischio è la base per poter poi porre in essere delle misure di sicurezza che cerchino di ridurre al minimo, o eliminare se possibile, i rischi stessi. La valutazione dei rischi deve confluire in un documento detto documento di valutazione dei rischi oDvr;
  • se nell’impresa sono presenti lavoratori dipendenti di ditte esterne alle quali sono stati affidati degli specifici servizi in azienda (ad es. la ditta delle pulizie) dovrà essere approvato un ulteriore documento detto documento di valutazione dei rischi da interferenze o semplicementeDuvri. Tale documento deve valutare i rischi che possono derivare dall’interferenza tra lavoratori diretti e indiretti e predisporre le relative misure di sicurezza;
  • nominare tutte le figure richieste dalla legge per la sicurezza sul lavoro e, in particolare: (i) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (detto ancheRspp) ossia un dipendente o consulente esterno che dà consulenza al datore di lavoro in materia di sicurezza; (ii) il medico competente, ossia il medico che dovrà occuparsi della sorveglianza sanitaria dei dipendenti, di effettuare le visite periodiche, di emettere i certificati di abilità del dipendente alle mansioni, etc.; (iii) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (detto anche Rls) che viene eletto dai dipendenti e nominato dal datore di lavoro;
  • formare i dipendenti in materia di sicurezza. In generale tutti i dipendenti devono essere coinvolti in corsi di formazione nei quali gli deve essere spiegato come funziona la gestione della sicurezza in azienda, il contenuto del Dvr e del Duvri, quali sono i rischi specifici del dipendente sulla base delle mansioni che svolge e cosa il dipendente deve fare per ridurre al minimo i rischi per la propria salute e sicurezza. A determinati soggetti, inoltre, devono essere erogati dei corsi di formazione specifici che derivano dal fatto che andranno a rivestire un ruolo particolarmente importante nella gestione della sicurezza. In particolare l’Rspp e l’Rls devono ricevere una formazione specifica per poter svolgere tale ruolo;
  • fornire ai dipendenti i dispositivi di protezione individuale resi necessari dai rischi specifici connessi alle mansioni svolte. Ad esempio, ad un impiegato amministrativo non andranno di certo fornite le scarpe antinfortunistica posto che il rischio che gli cada un grosso peso sul piede è quasi inesistente. Tuttavia, potrebbe invece essergli fornito un dispositivo per schermare il monitor del PC e ridurre l’affaticamento degli occhi;
  • aggiornare costantemente i documenti e la formazione ai nuovi rischi che emergono in ambito aziendale;
  • effettuare le comunicazioni di legge all’Inail ed agli altri enti, soprattutto nel caso si verifichino infortuni sul lavoro.

Cosa rischia l’azienda che non rispetta l’obbligo di sicurezza?

Ogni azienda, come abbiamo detto, deve rispettare l’obbligo di sicurezza.

La violazione di tale obbligo può portare l’azienda a tre diverse forme di responsabilità:

  • responsabilità contrattuale: come abbiamo detto l’obbligo di sicurezza fa parte del contratto di lavoro sottoscritto con il lavoratore. Se tale obbligo non viene rispettato siamo di fronte, di fatto, ad un inadempimento da parte dell’azienda e il lavoratore può ottenere il risarcimento del danno;
  • responsabilità amministrativa: il Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro prevede che la violazione di alcune sue disposizioni sia punita con l’applicazione di sanzioni amministrative;
  • responsabilità penale: se il mancato rispetto degli obblighi di sicurezza è la causa di un infortunio o di una malattia professionale, il datore di lavoro rischia anche di essere perseguito sotto il profilo penale. In caso di morte del lavoratore, il datore di lavoro rischia un processo penale per omicidio colposo. In caso di malattia professionale o di infortunio non mortale, invece, l’imprenditore rischia di rispondere per lesioni gravi o gravissime a seconda del danno provocato al dipendente.

Sicurezza sul lavoro: le azioni del dipendente

Il Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro introduce l’idea della cosiddetta sicurezza partecipata. La filosofia del decreto parte dall’idea che la sicurezza non può ridursi ad una serie di adempimenti e di regole da seguire, ma deve essere un approccio che tutti in azienda fanno proprio, a partire dai lavoratori.

Non possiamo negare che spesso, infatti, sono gli stessi dipendenti a considerare le regole di sicurezza delle noiose imposizioni e ad adottare, di conseguenza, comportamenti pericolosi.

Proprio per questo, con la figura dell’Rls, si cerca di coinvolgere il personale come parte attiva nella sicurezza in azienda.

In ogni caso, quando un’azienda non rispetta il proprio obbligo di sicurezza, come abbiamo visto viene a configurarsi una responsabilità contrattuale verso il lavoratore.

Il dipendente che subisce un danno a causa del mancato rispetto dell’obbligo di sicurezza da parte del datore di lavoro potrà dunque fare causa all’azienda e chiedere il risarcimento del danno.

Come in tutte le cause in cui si chiede il risarcimento di un danno sarà il dipendente a dover fornire la prova del proprio diritto al risarcimento.

In particolare il dipendente dovrà provare:

  • di aver subito un danno: ciò potrà avvenire, ad esempio, quando un lavoratore subisce un infortunio sul lavoro o si ammala di una malattia professionale. Infortunio e malattia infatti producono un danno alla sfera psico-fisica del dipendente. Per provare l’entità del danno biologico il dipendente dovrà depositare in giudizio una perizia medico-legale che illustri le caratteristiche del danno e la diminuzione dello stato di salute psico-fisica provocata dal danno stesso. In base ai punti di danno riconosciuti dalla perizia sarà possibile formulare una richiesta risarcitoria. Infatti, in base a delle tabelle elaborate dai vari tribunali italiani, sulla base dell’età del dipendente e dei punti di danno biologico è possibile individuare una somma di denaro per il risarcimento;
  • il comportamento illegittimo del datore di lavoro: il dipendente dovrà fornire tutti gli argomenti dai quali emerge che l’azienda non ha rispettato i propri obblighi di sicurezza e quindi ha violato le regole sulla sicurezza previste dal Testo unico oppure, al di là dell’adempimento formale di quegli obblighi, ha comunque posto in essere dei comportamenti contrari al suo dovere di proteggere la salute e la sicurezza dei dipendenti;
  • il nesso di causalità tra il danno subito ed il comportamento illegittimo del datore di lavoro: il dipendente dovrà dimostrare che il danno subito è stato provocato dal comportamento illegittimo dell’azienda.

Facciamo un esempio: Tizio, addetto alla logistica, si infortuna sul lavoro a causa della caduta sul suo piede di un grosso collo che gli provoca l’amputazione di tre dita del piede.

A Tizio non erano state mai fornite le scarpe antinfortunistica dall’azienda.

Tizio dovrà dimostrare:

  • il danno, ossia l’amputazione delle dita del piede e la conseguente menomazione permanente della sua integrità psico-fisica con una perizia medico-legale;
  • il comportamento illegittimo dell’azienda: in questo caso il mancato assolvimento di uno dei principali obblighi del datore di lavoro in materia di sicurezza, ossia fornire ai dipendenti i dispositivi di protezione individuale;
  • il nesso di causalità tra danno e inadempimento dell’azienda: Tizio dovrà dimostrare (anche qui verrà in aiuto la perizia medico-legale) che se avesse indossato le scarpe antinfortunistica l’infortunio non avrebbe provocato danni permanenti.

Se il lavoratore dimostra tutto quanto illustrato potrà ottenere dal giudice il risarcimento del danno.