DEL NESO SOSPESO: PARLA DON CARLO

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Ha fatto molto parlare la sospensione “a divinis” di Don Gianfranco Del Neso operata dal vescovo d’Ischia mons. Pietro Lagnese, per un motivo francamente tutt’altro che usuale: il sacerdote aveva ammesso al pastore della Diocesi isolana di non riuscire a rispettare il vincolo del celibato e di aspettare un figlio. Una settimana di dibattiti, commenti, opinioni, social impazziti e chi più ne ha più ne metta. Hanno parlato tutti, tranne la Chiesa ischitana. Adesso è toccato a lui metterci la faccia, non soltanto perché della Diocesi è direttore dell’ufficio per le comunicazioni sociali, ma anche perché in fondo don Carlo Candido è sempre stato conosciuto per la sua schiettezza e quello che dalle nostre parte viene definito “parlar chiaro”.

E anche in questa circostanza non si è fatto pregare, con un intervento lungo, lunghissimo ed anche articolato, pubblicato su Il Golfo. Ecco i passi salienti: “In questi giorni, in merito alla vicenda di don Gianfranco, tanti mi hanno chiesto una parola, un commento, un parere, una risposta a tante domande. Ho preferito il silenzio e la preghiera, perché tanto è il dolore: per lui, il vescovo, i familiari, il presbiterio, il popolo santo di Dio, gli amici. Soprattutto mi risuonavano nel cuore le parole di Papa Francesco: Chi sono io per giudicare? Poi in questi giorni leggendo alcuni commenti nel mondo del web, ho udito forte nel cuore una Parola: “Io sono la Verità (non una verità) e la Verità vi farà liberi”. Per questo ho sentito come dovere d’amore alla Verità di scrivere. Perché “la carità si compiace della verità” (1 Cor 13,6). Soprattutto, mi dispiace, che tante persone che pur si dicono cristiane e cattoliche abbiano visto il celibato come il vero spauracchio. Ritengo che il tema del celibato sia essenzialmente una falsa questione. Intanto la prima cosa: non è vero che nel Vangelo non ci siano fondamenti sul celibato. Due: quando noi preti abbiamo fatto la scelta del celibato nessuno ci ha messo la pistola alle tempie, tanto che abbiamo fatto un percorso di discernimento di circa sei/sette anni”. Don Carlo successivamente cita il prof. Vittorino Andreolli, ricordandone la figura di non credente, “che dice chiaramente che il problema non è il celibato, anzi sottolinea che il Celibato è un grande dono, e pone l’accento al problema della solitudine, e spiega che essa non è stare soli ma stare insieme alla gente e sentirti solo.Purtroppo oggi sempre più abbiamo coppie che vivono come scapoli sotto lo stesso tetto e preti che vivono da solisti. La grande sfida per i coniugi e i preti è essere uomini e donne di comunione, persone di relazioni autentiche e vere, significative e ricche di senso.

Don Carlo Candido  replica in maniera netta anche a quello che ritiene essere un altro luogo comune: “È talmente vero (e questo lo dico anche alla luce della mia esperienza) che se fosse il problema di avere una donna mi chiedo perché tanta gente sposata tradisce regolarmente il marito e la moglie e non sto parlando di un solo caso ma sono tanti casi che avvengono quotidianamente; questo significa dunque che il problema è un falso problema! Tanto è vero che la stessa psichiatria dice che tra i bisogni primari oltre al mangiare e al bere (bisogni biologici) c’è quello di amare e di essere amati”.

Il sacerdote di Ischia Ponte è un fiume in piena e ribatte davvero punto per punto a quelle che sono state le osservazioni che ha sentito in questi ultimi giorni: “Qualcuno mi obbiettava di come si può conciliare i naturali impulsi sessuali con la scelta religiosa del celibato. Io mi chiedo: Come si possono conciliare i naturali impulsi sessuali con il matrimonio? Perché non pensiamo mica che una persona sposata non abbia mai nessuna fantasia, nessun impulso, nessun istinto che lo richiami? Affermare che basti avere una vita sessuale regolare per tenere sotto controllo l’istinto, è come dire che non esistono le violenze sui bambini in famiglia, lo stupro da parte di ragazzi fidanzati o il tradimento fatto da persone sposate. Il nostro desiderio di essere “puri, puliti ed onesti” è fortissimo (tanto è vero che certe fantasie le teniamo lontane da sguardi indiscreti, per non vergognarci) ma lo dobbiamo curare come un fiore prezioso, sia che siamo preti, sia che siamo mariti, sia che siamo vergini consacrate, sia che siamo mogli felici. A volte, guardandomi intorno, mi sembra di vivere in regime di pornocrazia e non ho affatto l’impressione che, in Occidente, la sessualità sia vissuta serenamente, come a noi sembra”.

Don Carlo rende il concetto, se possibile, ancora più chiaro: “Siamo passati dal bigottismo ipocrita del passato all’ostentazione più volgare di oggi, senza fermarci nella valle dell’equilibrio, dove la mente e il cuore sono totalmente collegati e l’istinto è al loro servizio. Se persone potenti e ricche sono travolte dai propri istinti sessuali, in una sorta di gioco al massacro, di delirio di onnipotenza, di non accettazione dell’invecchiamento… Se adolescenti si regalano per una ricarica telefonica… Se su facebook è normale offrirsi attraverso immagini che lasciano ben poco alla fantasia… Ecco, tutto ciò significa che la relazione uomo/donna e il ruolo della sessualità fanno ancora i conti con le tenebre che portiamo in noi stessi.

Il sesso è spessissimo occasionale, divorato come un cheeseburger, in fretta, più o meno avidamente. Lo si fa sul web, nelle discoteche, nelle scuole. È un rito trendy. Si fa. È un esorcismo collettivo che vuole allontanare la vertigine del vuoto, tenere a bada la noia, lasciarsi andare alla deriva per forza d’inerzia, senza scegliere”.

Lo sottolinea forte e a più riprese, Don Carlo, il problema del celibato, fino a quando poi spara l’ennesimo interrogativo: “Mi chiedo, senza il celibato, ci sarebbero preti come: don Giovanni Bosco, che spendeva la sua vita, fino a notte inoltrata, a raccogliere i giovani abbandonati nelle strade di Torino e donando loro una famiglia e un luogo per diventare uomini di speranza; don Andrea Milani, parroco di Barbiana, servì in modo esemplare i poveri, il Vangelo e la Chiesa. In modo speciale i suoi ragazzi: il suo motto era I care (m’interessa); don Primo Mazzolari, parroco di Bozzolo, un profeta che ha vissuto da prete povero e non da povero prete; don Zeno Saltini, parroco e fondatore della Comunità di Nomadelfia, una comunità parrocchiale ispirata al modello delineato negli Atti degli Apostoli; don Oreste Benzi, parroco e fondatore della Comunità Giovanni XXIII, che ha liberato dalla schiavitù della prostituzione circa 1000 donne, a tanti bambini orfani ha donato una famiglia e innumerevoli giovani hanno ritrovato il senso della vita, liberandoli dai mostri delle dipendenze. E tanti altri preti che quotidianamente nel silenzio vivono la loro fedeltà a Cristo, alla Chiesa e alla gente? Ecco perché non è impossibile il celibato: ha ragione Gesù quando dice che non tutti possono comprendere; noi purtroppo professiamo la nostra fede nella Vita Eterna ma non crediamo ad essa, quindi la dimensione escatologica è del tutto assente dalla nostra vita di fede.

Don Carlo Candido ha ancora riflessioni da fare: “Prima di concludere, mi soffermo velocemente su due questioni. Quella del celibato come causa della scarsità di vocazioni. È un falso problema. Ricordo che nelle Chiese ortodosse, evangeliche e anglicane, dove i pope e i pastori possono sposarsi, hanno una crisi di vocazioni, mentre negli ultimi anni c’è stato un incremento, seppur lieve, di vocazioni nella Chiesa cattolica del 2%. Basterebbe dunque leggere le statistiche per capire che il problema non è di certo il celibato. La seconda è l’accusa di chi vede nel celibato dei preti la causa della pedofilia. Vorrei ricordare che sempre le statistiche ci dicono che l’87% dei pedofili sono in famiglia quindi dovremmo allora dire che tutti i papà o tutte le mamme o nonni o zii sono pedofili? Questo purtroppo è il qualunquismo e l’ignoranza imperante che regna tra la gente. Inoltre il 90% dei casi di pedofilia nel mondo è di sposati. Aveva ragione lo scienziato Albert Einstein quando diceva che è più facile scindere un atomo che vincere i pregiudizi e l’ignoranza della gente.