ISCHIA, L’AZZARDO DELL’ARCO “LA CORRENTE”: QUANDO IL MOTTARONE NON INSEGNA NULLA

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di Ennio Anastasio

Superficialità e una gran fiducia nella buona sorte sono spesso il campo fertile dal quale nascono tragedie umane devastanti. La giustizia deve fare il suo corso e portare alla luce ogni aspetto e purtroppo, a volte, anche accertare che alla base di una tragedia vi possa essere un “gesto scellerato”. E’ questo il termine utilizzato dal gip Donatella Banci Buonamici nell’ambito delle indagini  della strage del Mottarone dello scorso mese di maggio. Affidarsi alla convinzione che: “prima che si rompa una traente o una testa di fune fusa, ce ne vuole”  è stato quanto di peggio si potesse scegliere, perchè invece è accaduto. Una tragedia assurda che parla di ceppi, cavi e ganasce e purtroppo anche di morte,  nell’impianto di Stresa. Il cavo della funivia, a pochi metri dalla stazione di arrivo si spezza, il sistema frenante di emergenza non si attiva e la cabina scivola all’indietro ad una velocità di circa 100 km orari fino ad urtare con violenza contro l’ultimo pilone per poi sbalzare e precipitare per oltre 50 metri uccidendo quattordici persone che vi erano a bordo. Una tragedia che si è consumata in una manciata di secondi. Diversi allarmi, purtroppo, non vengono ascoltati quando si è ancora in tempo per agire, a cominciare dal timore del pericolo che avanza e che induce a ritenere che il non ascolto possa essere inteso come una mancanza della capacità di comprendere la gravità di una situazione sulla quale risulta invece palese richiedere ruoli di responsabilità ed avere chiarezza, così come determinati comportamenti  potrebbero definirsi  il frutto di una leggerezza sconcertante. Dal febbraio dello scorso anno la società civile chiede a gran voce, anche attraverso gli organi di stampa locale, quale possa essere la solidità strutturale dell’antico arco “la corrente” del pontile Aragonese che dal suo lato di ponente appare “mutilato” in un lato della sua struttura in quanto i cantonali di antica pietra che permettono l’ammorsatura angolare fra i muri perimetrali di sostegno sono ormai crollati da tempo in mare e quindi risultano completamente mancanti fin quasi al centro della volta, dove è alloggiata la grande lastra di ferro di uno dei tiranti-catena che sembra non avere più una solida base di appoggio. A questo si aggiunge il rovinoso disfacimento del muro verticale sul lato sinistro di ingresso. Disfacimento che compromette in modo serio la tenuta degli altri cantonali, rimasti ancora nella loro posizione originaria, ma la mancanza di incastro delinea una profonda sfaldatura degli stessi e reclama urgenti interventi riparatori per la chiara evidenza dei rischi che incombono in termini di sicurezza. Questo antico arco, così bello nella sua forma, non ha ricevuto nel corso degli anni le cure dovute fino a diventare un “malato cronico” ma con l’aggravante che sempre più persone ne conoscono le criticità e tra queste anche quelle che rivestono ruoli di responsabilità nella tutela delle opere di elevato pregio architettonico e culturale.

Evitiamo situazioni che sarebbero indifendibili

Nella scorsa primavera è stato posizionato da parte dell’ufficio circondariale marittimo un avviso sulla parte alta dell’antico pontile sia dal lato di ponente che su quello che volge sulla baia di Cartaromana che impone una serie di divieti dei quali testualmente riportiamo: << lo specchio di acqua sottostante al denominato arco  “la corrente” è interdetto alla navigazione, all’ormeggio, alla sosta, alla balneazione e ad ogni attività subacquea >> ma sappiamo bene che durante questa calda estate barchini e gommoni si sono avvicinati al vecchio arco malato ed in molti casi lo hanno oltrepassato per accedere alla baia di Cartaromana, e proprio nel primo giorno di questo mite mese di ottobre, mentre scattiamo alcune foto documentative per l’articolo che proponiamo ai lettori siamo diventati gli inconsapevoli testimoni di quanto poco o niente sia rispettato questo avviso in quanto, una bella lancia, di circa 6 metri, con a bordo timoniere ed alcune persone, probabili turisti, si infila nello specchio d’acqua sottostante l’arco sfidando quei cantonali che sembrano ormai sorretti dal nulla, sospesi nel vuoto, e ciò, appunto, nella piena noncuranza del cartello apposto dalle Autorità marittime che sembra, a questo punto, servire soltanto ad imbrattare un’opera monumentale, un patrimonio culturale che siamo tenuti a consegnare al futuro.  Se Le Autorità ritengono che non ci si possa avvicinare al vecchio arco mutilato e malato fin tanto da dichiararne l’interdizione ad ogni forma di navigazione, sosta, balneazione, pesca subacquea, può bastare un cartello di piccole dimensioni a tradurre in termini pratici ciò che viene scritto? può realmente preservare e mettere in sicurezza e porre, quindi, sul gradino più alto la vita umana? pur volendo evitare  ogni clamore mediatico non riusciamo a distogliere il nostro pensiero da quanto, in termini reali, si potrebbe fare per escludere ogni timore di pericolo da quella antica struttura che rappresenta la perfezione di un disegno geometrico che dolcemente si china verso il mare, una perla preziosa e rara che parla di arte e storia e che dovremmo gelosamente custodire e soprattutto proteggere, mentre invece a poche centinaia di metri si consumano tonnellate di calcestruzzo per costruire futuristici e altisonanti parcheggi pluripiano, ritenendo che sia quella la nuova ricchezza dell’isola.

 Non possiamo barare sulle tempistiche

Andando invece ad ipotizzare, nella nostra analisi, che quella storica struttura marittima diventi, per un attimo, il cavalcavia di una strada terrestre, potrebbe, nelle condizioni in cui versa, rimanere tranquillamente aperta al traffico veicolare o sarebbe immediatamente oggetto di verifica e di probabile chiusura? ed allora, coloro i quali hanno, per i ruoli che rivestono, la vita delle persone tra le mani, sono anche quelli che peccano di una “leggerezza sconcertante” in quanto pienamente convinti che “tanto il cavo non si spezza” come nel caso della strage del Mottarone, o siamo invece noi gli allarmisti  che battono inutilmente i piedi in terra in quanto i primi, sulla base di  fondati motivi,  possono allontanare la tempistica di un intervento di risanamento edile all’arco indebolito? non lo sappiamo, riusciamo soltanto a pensare che ordinare una interdizione del tratto in oggetto – che comunque sembra restare soltanto sulla carta –  può essere di certo un ottimo salvagente nelle eventuali acque tempestose delle vicende giudiziarie ma non è ugualmente utile quando si tratta di rispondere a precisi obblighi morali.