LA STORIA – SUL PORTO DI ISCHIA UNA BANCHINA CHE RACCONTA LA POVERTA’

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DI ENNIO ANASTASIO

A volte la povertà smette di nascondersi, esce dagli angoli, dalle stradine cieche, dai nascondigli che si è creata perché ha bisogno di abbandonare la propria invisibilità spesso dettata da un cinismo collettivo e vuole invece apparire, rendersi visibile nella sua drammaticità.Si muove silenziosa, in punta di piedi, non facendo rumore, senza disturbare nessuno. Sul porto di Ischia, a pochi passi dal terminal degli aliscafi, una panchina racconta di questa povertà ed emarginazione che si manifesta nelle ore buie della notte. Non è una panchina come quella posta nella piazzola antistante l’ingresso del Municipio di Ischia, bella e sorridente, dipinta di un rosso luminoso per dire no alla violenza sulle donne, inaugurata con tanto di post autocelebrativi istituzionali e clamore giornalistico. No,questa è invece meno fotogenica, ha il legno un po’ sbiadito e smozzicato, non ha ricevuto inaugurazioni e non appare sui social, pur svolgendo una funzione sociale, soprattutto nelle ore notturne perché proprio in quelle viene trasformata sempre più volte in un letto da alcuni clochard. Alcuni fogli di cartone, una coperta ed uno zaino come cuscino con una notte lunga da affrontare. E’ veramente spiacevole pensare che anche ad Ischia, questa grande vetrina aperta al mondo per le sue bellezze naturali e i suoi luoghi artistici, si debba incappare in tali disastri di vita umanaperché i clochard te li puoi immaginare sulle panchine della stazione Termini di Roma o sotto i portici di Bologna ma mai sul nostro porto, quello di cui ogni anno festeggiamo la nascita e che tanto sviluppo e benessere ha portato alla nostra isola.E così la panchina di via Iasolino è diventata “invisibile” probabilmente perché è una panchina scomoda che crea un certo imbarazzo, e manco a dirlo, occorre silenzio, e soprattutto indifferenza. Eppure è quella che accoglie di notte quelle persone che il più delle volte sono indicate con aggettivi dispregiativi come “barbone”, o “pezzente” ma che invece sono soltanto vittime di un destino crudele, travolte dalle difficoltà che pone la nostra società, persone che non hanno avuto una seconda chance nella loro vita se non quella di ritrovarsi a vivere per strada in condizioni di miseria. Persone che spesso avevano una famiglia, degli affetti, probabilmente un lavoro ed anche una casa ma che, colpevoli o innocenti, hanno cominciato a perdere pezzo dopo pezzo uno stile di vita dignitoso fino al baratro in cui si può decidere se lasciarsi morire per freddo o per fame.

Non possiamo rimanere appesi ad un perché

Due vistosi fagotti di cellophan nero e un grande plaid di color arancio per coprirsi dal freddo è tutto quello che possiede un clochard che da un po’ di tempo si ritrova a sdraiarsi di notte sulla panchina “invisibile” di via Iasolino, a pochi passi dal terminal degli aliscafi. E’ sera, ma non troppo tardi, una serata comune di questo mite mese di ottobre ma l’aria umida del mare si avverte con insistenza così come il cigolio delle corde che trattengono la grande nave alla banchina. E’ l’ora di ricoprire le assi in legno con dei fogli di cartone e di potersi sdraiare ricoprendosi con il grande plaid intorno al corpo e alla testa. Lentamente la panchina diventa un giaciglio e quello che si può scorgere è soltanto la sagoma di un uomo che nel suo silenzio ha scelto di trascorrere proprio lì la notte, non per dare fastidio ma soltanto perché, con molta probabilità, non ha nessun altro posto più accogliente dove farsi ospitare. Alcuni turisti sopraggiungono e si soffermano per leggere la grande scritta semicircolare che sulla parete bianca retrostante alla panchina recita “ Welcome toParadise” per inneggiare alla nostra isola. Vorrebbero continuare la loro passeggiata serale sul lungomare ma poi gli stessi si accorgono di quella sagoma infagottata fino al collo, sdraiata lì, a pochi centimetri da terra e decidono di deviare il loro percorso indirizzandosi verso il lato interno di via Iasolino. Già, non è un bello spettacolo vedere un clochard nel bel centro della banchina del porto d’Ischia e di certo non è né conveniente né prudente avvicinarsi a tali soggetti. Quella presenza imbarazza perché permette di guardare fino a fondo la miseria e racconta che non va tutto bene, che Ischia non è soltanto quella grande vetrina che si vuole esporre al mondo ma è anche quel grande fagotto che cerca di ripararsi come può dal freddo. Anche quello, che piaccia o meno, è un piccolo pezzo di quel “Welcome to Paradise” che si vuole annunciare a chi sbarca sull’isola. Ed allora non possiamo non chiederci dove sono le Istituzioni ed in particolare coloro i quali si sono posti alla guida del territorio. Perché non ci si muove di fronte a questa emergenza sociale?e perché il sistema di soccorso e accoglienza non si attiva? Già, “perché”. Rimaniamo purtroppo il più delle volte appesi ad un “perché” che fa tutt’uno con l’indignazione e l’amarezza di riconoscere che la macchina sociale che noi cittadini manteniamo, con il dovuto rispetto e dovere civico nel pagare le imposte anche per i servizi di assistenza, la solidarietà e la gestione dei dormitori e mense, non funziona, o fornisce soltanto piccoli segnali che si perdono in questomare infinito che è la povertà.Per noi che macchiamo d’inchiostro la carta di stampa, è doveroso sensibilizzare l’amministrazione comunale di Ischia ed in particolare il sindaco affinché si intervenga con prontezza per questa situazione indecorosa ma soprattutto disumana con i dovuti servizi di supporto e il soccorso di assistenza sociale, anche tenendo conto del freddo che a breve inizierà a bussare alle porte e che non si può lasciare nessuno morire di freddo e di fame.Quella panchina, la “panchina invisibile del terminal” del porto d’Ischia, può così diventare anch’essa sorridente e luminosa. Non è vero che chi vive per strada rifiuti l’aiuto e non voglia uscire dalla condizione nella quale è sprofondato. Bisogna soltanto offrirgli un futuro diverso.