PROTOCOLLO NAPOLI, LE PSICOLOGHE CONTRO IL PRELIEVO DI MATTIA

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Gli esperti del Protocollo Napoli tornano a parlare della vicenda del bimbo ischitano di 8 anni conteso dai genitori e finito in una casa-famiglia al culmine di una drammatica vicenda giudiziaria che ha portato al suo prelievo coatto dalla casa dove viveva a Lacco Ameno nella zona della 167. In una nota ufficiale si stigmatizzare in maniera forte la ferocia prevaricatrice di uno stato che fa prevalere la coercizione rispetto al buon senso: “Vi sono numerose testimonianze dell’esecuzione di questa ordinanza, tra cui quella del Sindaco di Lacco Ameno che ha parlato di una ‘sconfitta dello Stato’ e ‘della giornata più nera della sua vita’– spiegano gli specialisti che da sempre si occupano di diritti con un osservatorio speciale sulla famiglia- Queste testimonianze dimostrano che il prelievo forzoso del bambino, con la partecipazione dei vigili del fuoco e della polizia, ha comportato la rimozione della porta e l’irruzione in casa tra urla, terrore e pianti. Il bambino è stato strappato dalle braccia della madre in cui si era rifugiato, come qualunque bambino terrorizzato da eventi avversi e incontrollabili che colpiscono improvvisamente certezze e percezioni circa la propria sicurezza (il sentirsi sicuro nella propria casa e al riparo tra le braccia della propria madre). Riteniamo quindi che, come chiunque può vedere, l’esecuzione dell’ordinanza abbia provocato in Mattia un trauma gravissimo, dal quale anche come psicologhe sappiamo che sarà molto difficile riprendersi a causa delle implicazioni che un trauma del genere può comportare su tutto l’assetto di vita di un bambino”. Una denuncia che le psicologhe del Protocollo Napoli affidano a un comunicato stampa per chiedere informazioni sulle sorti del piccolo Mattia. Un nome di fantasia che forse a questo punto della vicenda tutela ben poco di un bambino che voleva solo crescere sereno, strappato alla mamma, accusata di essere ostativa, il 1° dicembre per essere collocato in casa famiglia e del quale non si hanno notizie. Il Protocollo Napoli, centro studi e ricerche sulla vittimizzazione secondaria (Aps Psy-com), nella sua nota ultima ribadisce “quanto già espresso in occasione del decreto, emesso dal Tribunale di Napoli, che richiedeva l’allontanamento dalla madre e il ricovero in comunità del piccolo, anche con l’uso della forza e rimuovendo ostacoli mobili e immobili. La sospensiva della misura, concessa dalla Corte d’appello, su ricorso della madre, è stata poi superata dalla conferma delle disposizioni già prese dal Tribunale di Napoli. Prima di questo epilogo Protocollo Napoli, come altre associazioni e centri antiviolenza, si era battuto perché ciò non accadesse. L’ordinanza è stata eseguita, con le modalità indicate”.Infine, concludono evidenziando come “Gli effetti del trauma- denunciano le esperte riferendosi al prelevamento forzoso- risultano generalmente resistenti alle cure psicoterapeutiche, se esso si reitera e si consolida e se quel bambino non viene sottratto rapidamente alle condizioni che lo isolano dal proprio mondo affettivo e sociale e quando soprattutto lo tengono lontano della figura materna, in cui evidentemente venivano riposti affetto e fiducia. Ricordiamo che contro questo tipo di trattamento traumatico (in assenza di rischi per la vita), che separa ex abrupto il bambino dal genitore collocatario – in questo caso la madre – procurandogli ingiuste sofferenze e traumi, si sono espresse nel tempo varie Ordinanze di Cassazione: 9691/22; 13217/21; 21425/22; e poi: CEDU, Sentenza del 10 novembre 2022 – Ricorso n. 25426/20 – Causa I.M. e altri c. Italia; e ancora: Corte di Appello di Roma, Sezione minorenni del 3.11.20; Corte di appello di Venezia terza sezione civile, del 12.12.22. Con questi presupposti e confortato dai tanti giudizi di Cassazione e di Appello nonché della CEDU, Protocollo Napoli ha denunciato la nocività di queste procedure giudiziarie- continuano- ancora diffuse sul territorio nazionale, e continua oggi a farlo nel caso del bambino di Ischia, senza per questo considerarsi irrispettoso dell’ordinamento giudiziario e del Tribunale di Napoli come istituzione nel suo complesso. Riteniamo quindi necessario e chiediamo con forza che il bambino sia affrancato da un ingiusto ricovero in comunità che lede la sua salute, procura gravi danni alla sua integrità psico-fisica e che siano pertanto ripristinati i suoi diritti: al domicilio, ai legami familiari originari, al permanere nel suo contesto di vita, alla salute, al benessere e alla sicurezza personale”. Una realtà delicatissima e difficile che purtroppo per il piccolo Mattai è ben lungi dal concludersi.