Ricostruzione. De Luca: «Abbiamo evitato la mummificazione»

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IL LUNGO INTERVENTI DI DE LUCA AD ISCHIA

Tra la citazione della Zora di Italo Calvino, qualche punzecchiatura sull’abusivismo edilizio e sulle demolizioni (riservata anche agli ambientalisti, giusto per par condicio) e la rivendicazione della bontà del lavoro svolto – non poteva essere altrimenti, in fondo siamo pur sempre in campagna elettorale – la scena se l’è presa ancora una volta lui. Sull’isola, a meno di colpi di scena, per l’ultima volta. Parliamo del presidente della giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca, che ieri ha partecipato alla conferenza di presentazione del Piano di Ricostruzione dell’Isola d’Ischia – che si è svolta presso la sala azzurra dell’Albergo della Regina Isabella – di recente approvato dall’ente di Palazzo Santa Lucia al termine di un parto lungo e complesso, reso ancor più complicato dall’alluvione del 26 novembre 2022 che ha costretto a riscrivere tutto essendosi sovrapposta geograficamente all’area colpita dal sisma del 21 agosto 2017. Il governatore prende la parola in chiusura e va subito dritto al punto, senza freni, come nel suo stile: «Quella di oggi (ieri per chi legge, ndr) è una giornata importante per Ischia e per la cultura urbanistica del nostro Paese. Non stiamo solo presentando un piano, ma sancendo un metodo nuovo, fondato sul dialogo, sulla collaborazione e sul buon senso. Abbiamo vissuto un vero e proprio miracolo amministrativo: un rapporto di cooperazione efficace tra istituzioni, enti locali e Sovrintendenza, un fatto raro nel panorama italiano. È la dimostrazione che, quando prevalgono la responsabilità e la concretezza, anche i processi più complessi possono arrivare a compimento».

ZORA E IL NODO ABUSIVISMO EDILIZIO

Poi arriva la prima significativa citazione: «Mi viene in mente la “città di Zora” di Italo Calvino, simbolo della mummificazione dei territori. Ecco, noi quella mummificazione l’abbiamo evitata. Difendere il paesaggio e i territori è un dovere, ma non può diventare un alibi per l’immobilismo. La tutela cieca e ideologica, quella che blocca ogni trasformazione, è una condanna per il territorio stesso. Dobbiamo imparare a coniugare la difesa dell’ambiente con la capacità di costruire futuro. In Italia abbiamo il più basso tasso di trasformazione urbana d’Europa: un dato che dovrebbe far riflettere. In Campania abbiamo scelto di non restare fermi, di essere all’avanguardia, anche affrontando con coraggio un tema delicato come quello dell’abusivismo edilizio». Poi aggiunge, entrando a gamba tesa: «Abbiamo ereditato una situazione complessa, con circa 80.000 alloggi abusivi e oltre 250.000 persone coinvolte. Davanti a questo scenario, era necessario scegliere una linea chiara, razionale, che distinguesse tra ciò che doveva essere abbattuto e ciò che poteva essere recuperato. Abbiamo detto con forza che le costruzioni realizzate in aree di pericolo, come le case sospese su valloni o le opere abusive sulle spiagge, vanno demolite senza esitazione. Ma, allo stesso tempo, abbiamo ricordato che non si può affrontare il problema con un approccio ideologico, senza chiedersi prima dove portare le famiglie, chi finanzierà gli interventi e cosa accadrà dopo. L’ambientalismo di facciata, quello che invoca demolizioni a tappeto senza proporre soluzioni, non serve a nulla. Si rischia di salvare la coscienza ma di non risolvere i problemi reali. E infatti, per anni, non si è demolito quasi nulla. Io ho proposto anche di radiare dagli albi professionali i tecnici che partecipavano consapevolmente a queste pratiche illegali: servirebbe dare un segnale di rigore e responsabilità».

«MIRACOLO DI EQUILIBRIO TRA RIGORE E UMANITA’»

De Luca si è poi soffermato sulle difficoltà della “mission” da portare a compimento: «A Ischia ci siamo trovati davanti a un groviglio di situazioni complesse: abusivismo, rischio idrogeologico, emergenze abitative. Eppure abbiamo scelto la strada più difficile ma anche la più giusta: quella che mette al centro la vita delle persone. Abbiamo creato una gerarchia della pericolosità, basandoci su criteri scientifici e con il contributo costante della Sovrintendenza. Abbiamo lavorato per tutelare prima di tutto la salute e la sicurezza dei cittadini, senza rinunciare alla bellezza dei luoghi. Anche sulle demolizioni abbiamo agito con equilibrio, prevedendo la delocalizzazione di circa 300 alloggi e, al tempo stesso, evitando di compromettere il paesaggio. Non si può pensare di costruire a Ischia quartieri anonimi, come case popolari prive di identità: sarebbe un’offesa alla storia e all’anima dell’isola. Quello che è stato fatto a Ischia è un miracolo di equilibrio tra rigore e umanità, tra tutela e sviluppo. Abbiamo poi dovuto trovare un punto d’incontro con il piano paesaggistico, un passaggio indispensabile per garantire coerenza e visione unitaria. Il nostro obiettivo era chiudere un ciclo, completare l’opera. Lo dico con franchezza: avremmo voluto un terzo mandato solo per concludere questo percorso, perché chi subentrerà impiegherà almeno due anni a comprendere a fondo il lavoro svolto e le logiche del piano». Poi le conclusioni con l’immancabile chiosa finale: «Ischia oggi può diventare un modello nazionale: un piano così non esiste altrove in Italia. Abbiamo dimostrato che si può fare sviluppo rispettando le regole, difendendo il paesaggio e migliorando la qualità della vita. Come ricordava l’assessore Discepolo, questo piano è il frutto della collaborazione di tutti – cittadini, amministratori, tecnici – e rappresenta un atto di democrazia vera. L’autoritarismo è facile, ma la democrazia è faticosa: e tuttavia, bisogna ricordare che la democrazia non può significare assenza di decisione. Alla fine, qualcuno deve assumersi la responsabilità di decidere. L’economia, d’altro canto, ha bisogno di tempi certi: un cantiere aperto un anno prima o un anno dopo può determinare la sopravvivenza o il fallimento di un’impresa. Oggi celebriamo una bellissima giornata, frutto di tre anni di lavoro intenso, di passione e di scelte difficili. E sì, permettetemi una battuta: tornando a casa, accendiamo pure un cero. Perché quello che è accaduto a Ischia, tra tante difficoltà, è davvero un piccolo miracolo italiano».