CAUTELA E PRUDENZA PER GLI ABBATTIMENTI A ISCHIA E A CAPRI.
STOP ALLE DEMOLIZIONI SE LA CASSAZIONE NON SI È ANCORA PRONUNCIATA.
LA CORTE DI APPELLO ACCOGLIE IN EXTREMIS L’ISTANZA DELL’AVVOCATO MOLINARO E SOSPENDE UNA DEMOLIZIONE IN PROVINCIA DI NAPOLI GIÀ PROGRAMMATA PER IL 14 SETTEMBRE, STANTE “IL PERICOLO DI DANNO GRAVE E IRREPARABILE“.
POCHE SETTIMANE PRIMA ANCHE IL TRIBUNALE DI NAPOLI E LA SEZIONE DISTACCATA DI ISCHIA AVEVANO SOSPESO, IN ATTESA DELLA CASSAZIONE, ALTRE QUATTRO DEMOLIZIONISU RICORSO DELLO STESSO AVVOCATO MOLINARO.
Indubbiamente è un importante segnale garantista o forse un vero e proprio monito, nel campo minato delle demolizioni, quello lanciato pochi giorni fa dalla Corte di appello di Napoli, massimo organo giurisdizionale del distretto, peraltro nel solco già tracciato da analoghe, precedenti decisioni della stessa Corte in diversa composizione.
“La Procura non può demolire la casa se il cittadino è in attesa del verdetto finale della Cassazione“.
La Corte, presieduta dall’inflessibile ex giudice monocratico di Ischia Giovanni Carbone, ha, infatti, accolto in data 13 settembre, con motivazione sintetica ma lapidaria,una istanza presentata dall’avvocato Bruno Molinaro per la sospensione di un abbattimento in Provincia di Napoli programmato dalla Procura Generale per il giorno dopo, sebbene la Corte di Cassazione investita del caso non si fosse ancora pronunciata sulla legittimità della iniziativa.
Il dramma era ormai alle porte. Alcune famiglie avrebbero dovuto sgomberare forzosamente l’immobile, dove abitavano da decenni con bambini e persone anziane, pur essendo sprovviste di qualsiasi alloggio alternativo.
L’avvocato Molinaroaveva, fra l’altro, evidenziato nella istanza presentatala sussistenza di “gravi motivi per la sospensione della esecuzione sia perché il proposto ricorso per cassazione appare assistito da adeguatofumus boni iuris, sia al fine di non veder vanificata la tutela giurisdizionale ex artt. 2, 3 e 24 Cost., sia perché ricorre con certezza il pericolo di danno grave ed irreparabile, non altrimenti evitabile in caso di esito favorevole del gravame, essendo imminente l’inizio delle operazioni di demolizione“.
La Corte di appello ha condiviso la prospettazione difensiva e sospeso l’abbattimento, “rilevato che sussistono i requisiti richiesti dall’art. 666, co. 7, c.p.p. per l’invocata sospensione della demolizione, in attesa della decisione della Suprema Corte, tenuto conto della irreparabilità del danno derivante dalla demolizione antecedente a tale decisione …”.
Va detto che poche settimane prima anche il giudice monocratico di Ischia, dott.ssa Alessandra Ferrigno, e il giudice monocratico del Tribunale di Napoli,dott. Federico Somma, anch’egliex”giudiceischitano” bravo e severo,avevano accolto analoghe istanze di sospensione presentate sempre dall’avvocato Molinaro al fine di scongiurare altri quattro abbattimenti di case di necessità nelle more dei giudizi di cassazione.
Una domanda sorge allora spontanea.
Dopo tante lacrime e sangue, perché questa inversione di tendenza, almeno sul piano delle garanzie, rispetto al passato?
È presto detto!
I giudici sono ormai consapevoli della necessità di permettere a chi sta per perdere la propria casa, bene primario,di giocarsi tutte le proprie carte fino in fondo, di difendersi insomma con tutti i mezzi a disposizionesino a quando la Cassazione, estremo baluardo giurisdizionale, non avrà detto l’ultima parola.
Vi è poi anche una esigenza di cautela, divenuta ancora più attuale dopo l’incredibilecaso “Cioce“, tristemente noto alle cronache(IL MATTINO aveva titolato: “LO STATO ABBATTE LA CASA MA L’ORDINE ERA SOSPESO. BLACK OUT BUROCRATICO“).
In questo caso, infatti, la Cassazione aveva bacchettato i giudici di appello (non la Sezione del Presidente Carbone) per non aver sospeso l’esecuzione della demolizione sebbene questa fosse stata già effettuata nelle more del giudizio.
La Procura, infatti, era andata avanti forte della ordinanza illegittima della Corte napoletana e aveva proceduto senza indugio, quale stazione appaltante, alla eliminazione delle opere.
“Citeremo per danni lo Stato italiano per l’errore giudiziario commesso dai giudici della Corte di appello – aveva dichiarato l’avvocato Molinaro, legale della famiglia Cioce – per non avere questi ultimi inteso salvaguardare il bene della vita invocato quale causa di incompatibilità per l’abbattimento e – quel che è più grave – per aver omesso ogni valutazione, positiva o negativa, della istanza di sospensione presentata dopo la proposizione del ricorso per cassazione, nonostante il pericolo di pregiudizio grave e irreparabile. Una condotta inspiegabile, sbagliata e disumana“.
Sull’episodio- va aggiunto – era intervenuto anche Severino Nappi, capogruppo della Lega nel Consiglio regionale della Campania: “Questa incredibile storia torna a insegnarci che, nel pieno rispetto dell’autonomia della magistratura, la questione degli abbattimenti va affrontata caso per caso, con serenità, prudenza e soprattutto equilibrio. Infatti, non è la prima volta che vicende come queste si verificano. Chi restituirà la casa a queste famiglie?“.