UN FILM SUL “MOSTRO DI BARI”, LE RIPRESE SI SVOLGERANNO ANCHE A ISCHIA

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Primo ciak per «Happy Days la vera storia del Mostro di Bari», debutto alla regia di Pierluigi Ferrandini, che firma anche la sceneggiatura: un noir psicologico che racconta la prima strage familiare italiana del Novecento. Tratto dal romanzo «Percoco» di Marcello Introna (Mondadori Libri) il film è una produzione Altre Storie con Rai Cinema, prodotto da Cesare Fragnelli, con il contributo della Regione Puglia|Apulia Film Commission. Le riprese del film dureranno oltre sei settimane e si svolgeranno tra Roma, Monterotondo, Ischia, Bari e dintorni. Ad interpretare Franco Percoco sarà Gianluca Vicari. La fotografia è di Filippo Silvestris, la scenografia di Walter Caprara, i costumi di Magda Accolti Gil.

Quel delitto che terrorizzò Bari

È la notte tra il 26 e il 27 maggio 1956 quando in quel di Bari si consuma un orribile omicidio per mano di Franco Percoco (Gianluca Vicari), 26enne pugliese proveniente da una famiglia agiata. Noto, dopo la strage compiuta, come il «mostro di Bari», Percoco è stato l’artefice di una strage che scosse l’Italia del boom economico. Anche per un orribile dettaglio: dopo aver ucciso i suoi genitori e suo fratello con un coltello da cucina, aveva convissuto in casa con i cadaveri per circa dodici giorni. Il film non si sofferma solo sul ragazzo di buona famiglia, trasformatosi in un mostro, ma anche sui giorni spensierati successivi all’omicidio, durante i quali Percoco si è sentito finalmente libero di darsi al divertimento con i suoi amici, proprio tra le mura di quella casa dove aveva sterminato la sua famiglia qualche giorno prima. La sua esistenza è stata segnata da una serie di comportamenti: furti e dissolutezze. In particolare la frequentazione di alcuni bordelli dove il giovane contrasse la sifilide che, come spesso accade, gli creò gravi problemi psichici. Un lento precipitare, il suo, nel gorgo della follia omicida. All’una e un quarto della notte tra il 26 e il 27 maggio 1956 Franco era a casa sua, completamente ubriaco dopo aver bevuto una bottiglia di cognac trovata nella dispensa di casa. Prese un coltello da cucina ed entrò nella camera dei suoi genitori che dormivano.

Dalle coltellate alla condanna

Per prima cosa accoltellò al collo sua madre, che dormiva vicino alla finestra. Nonostante fosse morta già alla prima le diede altre 7 coltellate. Subito dopo attaccò suo padre, che si coprì il corpo con le braccia e fu quindi colpito agli avambracci dalle prime tre coltellate, mentre la quarta gli trafisse il cuore. Accoltellò il padre altre 13 volte finché il manico del coltello non si staccò dall’anima di ferro. Poi andò in camera del fratello Giulio e lo uccise con 38 coltellate. Il resto dei giorni successivi all’omicidio trascorsero per lui come se niente fosse: organizzò persino una festa in casa sua. Dopo alcuni giorni partì in treno per Napoli con Tina, la sua fidanzata. Alla fine venne arrestato a Ischia perché nel frattempo i vicini, allarmati da cattivo odore che arrivava dal suo appartamento, avvertirono i carabinieri che scoprirono gli orrendi delitti. Processato e condannato all’ergastolo nel 1958, Franco Percoco riuscì poi a farsi ridurre la pena a 30 anni. Scontò in realtà poco più di 20 anni grazie alla buona condotta. Fu scarcerato nel gennaio del 1977, dopo aver passato anche alcuni periodi nel manicomio criminale di Aversa, dal quale venne in seguito dimesso perché giudicato sano di mente. Si trasferì prima a Napoli e poi nel 1981 a Torino, dove trovò lavoro come impiegato e si sposò. Morì a Torino il 14 febbraio 2001.

FONTE CORRIERE DEL MEZZOGIORNO